Stak! La caviglia inclina il piede in basso, la suola degli stivali spinge la leva del cambio innestando la prima marcia. La mano sinistra stringe la frizione, fra le dita ci sono più di 100 cavalli che scalpitano e che aspettano solo di essere liberati per poter fare quello per cui sono nati: correre.
L’indice e il medio rilasciano la leva che sembra nitrire impaziente, le falangi si distendono e rilassandosi fanno sì che la trasmissione trasmetta il movimento alla ruota posteriore della moto, ansiosa di iniziare una nuova cavalcata. Nel tragitto fra Dicomano e San Godenzo la strada è ancora docile, mansueta, affettuosa.
Il Muraglione è come un ottimo padrone di casa: nel tratto iniziale ti fa sedere fra le proprie traiettorie e ti offre da bere dissetanti curve ampie e prevedibili. Nella prima parte non bisogna aumentare troppo il ritmo dell’andatura, ansiosi di conoscere curve impegnative e incontrare parabole seducenti, ma il consiglio è quello di godersi la strada con quella calma quiete che non farà altro che accendere il desiderio di guidare.
Tutto è pronto per la corrida
Ci lasciamo alle spalle San Godenzo, ultimo piacevole sbadiglio per i più calmi e rilassati motociclisti, mentre per i centauri più avidi di emozioni è qui che il cuore inizia a battere come un pistone. La rossa casa cantoniera dà inizio alla parte più divertente del passo, e il suo colore scarlatto si agita davanti ai nostri occhi di toro, in un gioco di ruoli in cui matador “Muraglione” ci provoca con tornanti e curve in sequenza da raccordare una dopo l’altra. La salita ancora è dolce, regolare, le prime curve servono per prendere confidenza con un tracciato che poco a poco diventa meno intuitivo.
Il torero Muraglione ci studia, ci osserva, l’arena degli Appennini è la cornice ideale per mettere in scena la tauromachia su due ruote. Il guardrail di metallo lascia il testimone a quello di legno, la strada copia l’andamento della montagna e ci gira attorno, facendole l’orlo per un percorso su misura. Gli scarichi della moto, come narici taurine, sbuffano kilowatt di fronte alle curve impegnative che il matador ci agita davanti.
Ci sono dei brevi rettilinei in cui poter salire con le marce, ma i freni sono sempre in agguato e le pinze spingono le pastiglie sui dischi alla bisogna per affrontare le curve alla giusta velocità. Le gomme, come zoccoli, scaricano a terra la spinta della coppia motore che viene sfruttata per uscire veloci dalle curve più chiuse. Si succedono serpentine in cui far lavorare entrambe le spalle dei pneumatici, passando da destra a sinistra e viceversa e aggiustando di gas la traiettoria per far scendere più velocemente la moto nei cambi di direzione.
Il drappo rosso del Matador
Arrivati al Bar Cavallino, dopo aver fatto scivolare la moto in un tornante a sinistra, ecco che in alto, lato montagna, il Muraglione sventola una nuova casa cantoniera. Il polso reagisce istantaneamente, i polmoni del nostro toro meccanico aspirano benzina e la combustione sputa dalla marmitta passione per un passo che ormai è una corrida.
Le curve sono serrate, matador Muraglione agita la muleta con una prima serpentina che mette alla prova i nostri riflessi,
fffam!
Il drappo sferza l’aria con un movimento sordo e repentino. Matador ci studia, vuole vederci da vicino, vuole guardarci negli occhi e allora ecco un tornante ampio sulla sinistra, il raggio è regolare, manteniamo la velocità fino al centro curva, di nuovo destra, sinistra e da sotto la visiera mandiamo lo sguardo in fondo al rettilineo dove ci aspetta il prossimo,
ffffam!
El “Matador Muraglione” vuole mettere alla prova le nostra abilità di guida e la bandiera adesso sventola su una ghiotta curva a destra da fare col gas in mano a medi regimi senza forzare troppo l’uscita. Di nuovo sinistra, destra, sinistra, percorriamo l’arena facendo continui cambi di direzione, l’attenzione è su di noi e sul prossimo tornante a destra. Breve rettilineo, toro e matador sono ai poli opposti, è il momento di prendere la rincorsa e i giri del motore salgono al ritmo degli zoccoli sulla sabbia di asfalto. Matador è in trappola, non ha scampo, ma all’ improvviso con un infinito tornante a destra si libera dallo scacco e riacquista la propria libertà.
Il falsopiano finale è solo una passerella dove il Muraglione ci onora per il valore messo in campo: la corrida è finita, ma le emozioni scorrono ancora dentro il nostro sangue e in cima al passo alziamo gli occhi verso un’arena festante che ci applaude per lo spettacolo a cui ha assistito.